Dopo il test della Transition Sentinel, la quale si era fatta apprezzare per l’eccellente polivalenza in rapporto alla tipologia di bici, ero abbastanza curioso di provare la Smuggler, una sorta di “mini-Sentinel” inquadrabile nel segmento trail. L’opportunità ci è stata data da Tribe Distribution, distributore per l’Italia del marchio americano, fornendoci una Smuggler Carbon in taglia L.
Gli allestimenti previsti sono tre e vengono identificati dalle sigle X01, GX ed NX, in riferimento ai gruppi cambio montati. L’allestimento da noi testato è quello intermedio, GX. Oltre che nella colorazione della bici in test, una via di mezzo fra l’ocra ed il color mattone abbastanza particolare, il telaio è disponibile in colorazione “carbon black powder”.
Abbiamo definito la Smuggler una specie di mini-Sentinel. La comunanza con la sorella maggiore non si ferma infatti all’estetica, quasi identica, ma riguarda in generale l’impostazione della bici: anche qui troviamo la Speed Balance Geometry ed escursione differenziata fra anteriore e posteriore, scelta a mio giudizio vincente quando si tratta di coniugare al meglio pedalabilità e prestazioni discesistiche, soprattutto in formato 29″. Se pensate che sia facile affermarlo ora che in molti stanno salendo sul carro delle trailbike con geometrie aggressive e corsa differenziata, andate al capitolo “conclusioni” di questo test del lontano 2014.
In sintesi
Materiale telaio: carbonio
Formato ruote: 29”
Taglie disponibili: S-M-L-XL
Schema sospensione: quadrilatero con giunto Horst
Geometrie variabili: no
Corsa ant/post: 140/120 mm
Ammortizzatore metrico: sì (210×50 mm)
Offset forcella: 44 mm
Ruote e coperture tubeless ready: sì
Trasmissione: 1×12 (30T ant / 10-50 post)
Attacco per deragliatore: no
Attacco ISCG 05: sì
Attacco portaborraccia: sì
Disponibilità del solo telaio: sì
Peso rilevato tg.L: 13.43 kg
Prezzo: 5.399 €
Geometrie
Lanciata nel 2017 da Transition, la Speed Balance Geometry prevede l’allungamento del reach, un angolo sterzo più aperto, la verticalizzazione del tubo sella, l’adozione di stem più corti e forcelle dal valore di offset ridotto. Mentre per quanto riguarda gli altri parametri un po’ tutti stessero già andando in quella direzione, è interessante notare come ultimamente anche l’offset forcella ridotto si stia diffondendo.
Analisi statica
Seppure non siano presenti particolari raffinatezze a livello di dettagli, la cura generale della bici è molto buona e c’è tutto ciò che concretamente serve.
Al pari di altre case americane, allo scadere del brevetto FSR anche Transition ha cominciato ad adottare sui propri modelli una sospensione posteriore con giunto Horst, schema che troviamo anche sulla Smuggler.
La curvatura del top tube e dell’obliquo aumentano ulteriormente la luce all’interno del triangolo principale, dove è stato possibile ricavare un portaborraccia nella più classica e comoda delle posizioni. La borraccia in foto è da 650 ml, e come vedete resta parecchio spazio.
Un’etichetta sul link di rinvio dell’ammo indica il sag ottimale, sag che Transition consiglia di misurare stando seduti in sella. Correttamente, a mio giudizio, trattandosi del metodo che più fedelmente permette di ripetere la misura nel tempo. Nello specifico il valore suggerito è di 16-17 mm, quindi 32-34% (se preferite misurare il sag in piedi sui pedali preventivate di togliere circa il 5%).
Struttura e dimensionamenti della Smuggler non si trovano frequentemente sulle trailbike di pari escursione, tanto che l’impressione è di trovarsi di fronte ad una massiccia enduro dal travel ridotto. Se da un lato i pesi salgono, e con 3.0 kg dichiarati (con ammo) il telaio non è fra i più leggeri in circolazione, dall’altro è tutto di guadagnato sul fronte della rigidità e della solidità.
L’avevamo rilevato anche nella Sentinel: la luce per il passaggio ruota a livello dei foderi superiori è risicata. Con coperture dalla sezione relativamente ridotta tipo la Maxxis DHR da 2.3″ montata di serie, a meno di non trovare fango particolarmente colloso, questo non comporta grossi problemi. Sconsigliato però l’utilizzo di coperture dalla sezione maggiore, nonostante da specifiche la sezione massima ammessa sia di 2.4″.
Una piccola critica anche per quanto riguarda l’assenza di feritoie laterali nell’incavo dove è infulcrato inferiormente l’ammortizzatore. Nessun inconveniente a livello di funzionalità, ma acqua e sporcizia che si accumulano con “effetto pozzanghera” non sono molto belle a vedersi.
Il passaggio cavi della Smuggler è come tutti i passaggi cavi dovrebbero essere: pulito ed ordinato, ma senza concessioni all’estetica che ne compromettano la funzionalità o la praticità. Mi riferisco in particolare alla scelta di far passare esternamente il tubo del freno posteriore, soluzione che in caso di manutenzione è di gran lunga più pratica del routing interno (ok, il refrain torna in ogni test e come cantavano i Garbage “I think I’m paranoid”, ma è una cosa che proprio trovo incomprensibile).
Protezioni integrate in materiale gommoso sono presenti nei punti più esposti, vale a dire sotto l’obliquo e lungo il fodero inferiore lato trasmissione. Non avrebbe guastato una ulteriore protezione per proteggere il fodero superiore dallo sbattimento della catena, anche se si può facilmente rimediare con un po’ di nastro di tipo shelter. È una cosa alla quale inizialmente non ho badato, come la foto dimostra.
Restando in tema protezioni, il consiglio è quello di approfittare della presenza dell’attacco ISCG per montare un piccolo paracorona. Se ne trovano da poche decine di grammi di peso e svolgono un lavoro molto utile.
Non ho invece sentito l’esigenza di un guidacatena, neppure sulle discese più sconnesse.
L’attenzione riservata da Transition alle quote geometriche si riflette anche nella scelta di utilizzare per la piega valori di rise variabili in funzione della taglia del telaio. La RaceFace Chester da 780 mm di larghezza montata sulle taglie L ed XL ha infatti un rise di 35 mm, mentre sulle taglie S e M il rise scende a 20 mm. Non posso dire quanto sia indovinata la scelta per quanto concerne le due taglie inferiori, mentre per quanto riguarda la taglia L in test il rise maggiorato è azzeccato, avendo trovato la posizione ideale con 20 mm di spacer sotto lo stem. La Speed Balance Geometry prevede l’uso di stem corti, in questo caso un RaceFace Aeffect da 40mm.
Adottando in toto componentistica SRAM è stato possibile raggruppare i vari comandi su un unico collarino per lato. Il risparmio di peso è abbastanza irrisorio, ma la pulizia estetica del cockpit è esemplare e soprattutto i comandi sono perfettamente posizionati dal punto di vista ergonomico.
La sella ANVL è una delle più comode che abbia mai provato. Considerato il corto seat tube (450 mm), la scelta di montare il Reverb nella versione da 150 mm di abbassamento è però eccessivamente prudente. La versione da 170 mm, riservata alla sola taglia XL, sarebbe più indicata nella stragrande maggioranza dei casi.
Ruote e freni sono due componenti importanti, e qui troviamo luci ed ombre. Togliamoci subito il dente cominciando dalle seconde, vale a dire l’impianto frenante.
I Guide R sono freni con i quali ho spesso avuto esperienze tutt’altro che felici, soprattutto per il noto problema della corsa delle leve che dopo pochi utilizzi si allunga. Da questo punto di vista l’impianto montato sulla Smuggler si è comportato dignitosamente, mostrando però i propri limiti in termini di potenza e di prontezza sulle discese più lunghe e ripide. Sostituire il rotore anteriore da 180 mm con uno da 200 mm potrebbe aiutare, ma ciò non toglie che una bici come la Smuggler meriterebbe di meglio, anche in considerazione del prezzo.
L’accoppiata Minion DHF e DHR è un superclassico che qui troviamo in versione EXO da 2.3” sia all’anteriore che al posteriore. Per i motivi che potrete leggere al capitolo discesa, davanti ho preferito montare la stessa copertura nella sezione da 2.5”. Al posteriore il passaggio ruota risicato potrebbe invece dare qualche problema con pneumatici di sezione più larga, ma devo dire che non ho sentito nessuna esigenza di montare una copertura di dimensioni maggiori.
Le ruote sono delle Stans Arch S1. I cerchi hanno canale interno da 26 mm, un buon compromesso fra robustezza e capacità di ospitare pneumatici di sezione generosa (viene indicato un limite max di 2.5″, quindi perfetto per un telaio che non prevede la compatibilità con pneumatici plus). I mozzi sono i NEO della stessa Stans.
Si tratta di ruote senza tanti fronzoli, dotate di raggi classici reperibili presso qualunque negozio di bici e facilmente sostituibili. Con poco più di 1900 g di peso non non si possono dire leggere, ma a livello di solidità ed affidabilità mi hanno impressionato molto positivamente. Diciamo pure che fatico a ricordare una ruota posteriore che a fine test girasse ancora dritta come quella della Smuggler senza aver richiesto la minima operazione di ritensionamento dei raggi. Sicuramente promosse!
Sospensioni
Entrambe le unità ammortizzanti sono della serie Performance di Fox, nello specifico una forcella Float 36 Grip Performance ed un ammortizzatore DPS Performance Elite.
La forcella tradisce la vocazione della Smuggler, dato che la serie 36 di Fox non è certo stata pensata per strappare i temponi in salita. Avevo avuto occasione di provare l’idraulica Fit Grip nel test della Marzocchi Bomber Z1 ricavandone impressioni positive ed il test della Smuggler le ha confermate: nonostante si tratti dell’idraulica “entry level” di Fox, priva delle raffinatezze delle idrauliche più evolute, le regolazioni sono efficaci e le prestazioni sul campo adeguate.
Il registro di tipo microswitch ha 14 posizioni, con quella centrale contraddistinta da un click più marcato (sarebbe in pratica la posizione “medium” del registro a 3 posizioni), mentre a registro tutto chiuso la forcella è praticamente bloccata. Ai 4 riduttori di volume già presenti – configurazione standard per la 36 da 140 mm di corsa – ne ho aggiunto un quinto. E’ possibile installare un massimo di 8 riduttori, quindi nessuno dovrebbe avere problemi a trovare la progressività desiderata.
L’ammortizzatore DPS Performance Elite ha la classica levetta a tre posizioni (open-medium-firm) più un ulteriore registro, anch’esso a tre posizioni, per la taratura fine della compressione della posizione open. Quest’ultima opzione permette un buon grado di personalizzazione, soprattutto se si considera che non si tratta di un ammortizzatore concepito per le discipline più discesistiche. Anche qui la curva di compressione può inoltre essere variata tramite i classici riduttori di volume. I tecnici Transition hanno optato per il più piccolo (0.2 in3 ), comunque suffciente ad ottenere una forte progressività negli ultimi millimetri di corsa sul carro della Smuggler.
Salita
La posizione in sella della Smuggler è più raccolta di quanto la tabella delle geometrie farebbe credere. Il motivo è che il seat tube non presenta evidenti piegature che ne aumentino l’inclinazione “reale” facendo arretrare proporzionalmente la sella. La posizione del bacino rispetto al movimento centrale è quindi ottimale anche per chi ha molto fuorisella, fattore che su altri telai può invece dare dei fastidi sia in termini di angolazione delle articolazioni della gamba che di distribuzione dei pesi.
Ad ammo aperto la sospensione bobba in modo percepibile, ma con la compressione in posizione firm il problema è risolto anche se la frenatura è meno decisa di quella della forcella. Pedalando in fuorisella qualche lieve oscillazione è ancora presente, ma se da un lato una frenatura ulteriormente marcata della posizione firm non guasterebbe, dall’altro i maniaci dei rilanci sui fondi scorrevoli difficilmente si orienteranno su una bici come la Smuggler. Per contro la posizione intermedia offre un ottimo compromesso fra stabilità della sospensione e capacità di copiare il terreno, ed infatti è quella che più frequentemente ho utilizzato in fuoristrada.
L’equilibrata distribuzione dei pesi da una buona direzionalità all’anteriore anche sul ripido, mentre a dare motricità ci pensano la sensibilità della sospensione e la tassellatura aggressiva della Maxxis DHR. Il movimento centrale alto il giusto e le pedivelle da 170 mm consentono di mantenere un’ottima continuità di pedalata, risparmiando preziose energie rispetto ad una andatura fatta di frequenti rilanci o zigzag alla ricerca delle linee più pulite.
Tutto perfetto dunque? Sì, se non avete troppa fretta, perchè se da un lato la Smuggler vi porterà senza tanti problemi su qualunque genere di salita, dall’altro non è la trailbike più veloce e reattiva in circolazione. Considerata la valida posizione in sella ed il fatto che non si disperde sicuramente energia a causa delle flessioni, la spiegazione sta tutta nel peso generale e delle ruote. Nulla di drammatico, ma il feeling è molto vicino a quello di una enduro con ottime doti di scalatrice, piuttosto che a quello di una trailbike leggera e scattante.
Discesa
Sgombriamo subito il campo da possibili equivoci, anche se quanto detto fin qui non dovrebbe lasciare molti dubbi: nonostante la corsa posteriore contenuta, la Smuggler va ben oltre i limiti discesistici tipici della stragrande maggioranza delle bici con pari escursione posteriore, tipicamente molto agili ma impegnative sullo sconnesso veloce e sul ripido.
Struttura, componentistica e caratteristiche geometriche permettono infatti di alzare l’asticella della velocità mantenendo un margine di sicurezza quasi comparabile a quello che solitamente si trova sui modelli da enduro, rispetto ai quali la Smuggler perde terreno solo quando il fondo diventa sconnesso al punto da rendere i millimetri di escursione un fattore predominante. Da questo punto di vista è interessante notare, a testimonianza della bontà dell’insieme telaio/sospensione posteriore, come il limite sembri arrivare prima all’anteriore che al posteriore. Questo nonostante un ammortizzatore tutto sommato poco discesistico, i 20 mm in più di corsa della forcella e l’angolo sterzo ben aperto. Probabilmente qualcuno l’avrà già fatto, ma sarebbe interessante provare la Smuggler con una forcella da 150 mm e magari un’idraulica più evoluta.
Reach ed interasse abbondanti fanno sentire il rider ben centrato nella bici e concedono ampio margine agli spostamenti di corpo senza incorrere in reazioni brusche, anche se ciò richiede un certo impegno fisico se si vuole “giocare” con la bici quando la velocità è contenuta. Potrà sembrare un paradosso (o forse no), ma è proprio al salire del ritmo che la Smuggler diventa più facile da condurre in modo dinamico.
Indipendentemente dalla velocità o da quanto il fondo possa essere sconnesso, nel guidato la Smuggler è estremamente precisa, quindi gran divertimento e possibilità di scegliere linee “azzardate”, ma anche necessità di una guida abbastanza attenta. Un comportamento che si spiega principalmente con la rigidità del carro e della Fox 36, che “accorciata” a 140 mm è ancora più granitica. Per ammorbidire un po’ la risposta dell’anteriore, dopo le prime uscite ho sostituito la Maxxis DHF da 2.3″ con la stessa copertura in versione da 2.5″. La perdita in termini di reattività e precisione è stata abbastanza trascurabile, ma anche grazie alla pressione leggermente inferiore l’anteriore è diventato più confortevole ed incline a perdonare eventuali imprecisioni di guida, oltre che ulteriormente performante e stabile sul veloce scassato.
Nei rilanci il comportamento della Smuggler è senza infamia e senza lode, sicuramente molto valido se paragonato ad una enduro, ma non efficace come quello delle trailbike più reattive. Diciamo che si ritorna a quanto detto al capitolo salita: la rigidità dell’insieme non manca, ma ad ammo aperto la sospensione tende ad assorbire parte dell’energia impressa ai pedali ed il peso si fa sentire.
Con una bici di questo tipo non mi sono fatto mancare qualche bella discesa “vert-style”, e come era facile prevedere la Smuggler si è rivelata totalmente all’altezza della situazione. Standover basso e seat tube corto consentono tutta la libertà di movimento necessaria, ed a dispetto della categoria di bici (ammesso che qui abbia un senso parlare di trailbike) l’angolo sterzo ben aperto e la precisione dell’avantreno invogliano a puntare le linee più dritte e ripide, piuttosto che aggirarle alla ricerca della possibile chicken line. In altre parole, ovunque si passerebbe con una enduro si passa anche con la Smuggler.
Sia con la Patrol che con la Sentinel avevo trovato perfetto il valore di sag suggerito dal costruttore. A dispetto della minore escursione, la Smuggler ha invece richiesto qualche uscita di affinamento prima di raggiungere il setting ideale. Con i valori di sag consigliati e l’ammo in posizione completamente aperta la sospensione è infatti supersensibile ed ha una forte progressività finale che protegge efficacemente dal finecorsa. La parte centrale del travel viene però mangiata piuttosto facilmente, e nonostante l’escursione relativamente ridotta non permetta al carro di insaccare fastidiosamente, sentivo che un po’ più di sostegno avrebbe dato dei vantaggi sia nelle curve in appoggio che nei rilanci ad ammo aperto.
Paradossalmente la quadratura del cerchio l’ho trovata con un sag leggermente superiore a quello suggerito ed il registro della compressione sulla tacca intermedia della posizione open. In questo modo la sensibilità resta comunque molto buona, la risposta del carro è più “piena” e la corsa viene adeguatamente sfruttata quando si tratta di assorbire gli urti maggiori. Bisogna inoltre considerare che sulle discese lunghe e sconnesse i ritmi della Smuggler sollecitano non poco l’ammortizzatore privo di serbatoio secondario, il che significa surriscaldamento e conseguente riduzione del sag (al termine di alcune discese ho rilevato una riduzione di 3/4 mm sui 18/19 mm di sag impostati ad inizio discesa).
Conclusioni
La Smuggler è una trailbike sui generis, in grado di salire ovunque ma senza troppa fretta, per poi dare il meglio in discesa, dove il divertimento sale ai massimi livelli sui tracciati veloci e guidati che non richiedono escursioni troppo generose. Molto indicata anche per giri alpini dove il gioco sta nel passare ovunque, più che nella lotta contro il cronometro. Il montaggio non fa strappare i capelli in rapporto al costo, e l’upgrade di un paio di componenti alzerebbe ulteriormente le prestazioni sia in salita che in discesa.
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