La Yeti 575 é un classico della casa americana e, da quest’anno, é disponibile con ruote da 27.5″.
Si tratta di una bici con 140mm di escursione posteriore e 150mm all’anteriore. Anche qui, come nel caso della Devinci Troy Carbon, l’utilizzo indicato é di “trailriding”, che per noi significa “all mountain”, viste le escursioni. Una bici pensata dunque per essere pedalata in salita e che possa dare soddisfazione in discesa.
Il telaio é in alluminio ed ha la stessa forma che lo ha reso inconfondibile nell’ultimo decennio. Per farci stare le ruote da 27.5″ il triangolo posteriore é stato leggermente modificato. A parte questo, gli unici altri cambiamenti riguardano l’attacco ISCG 05 e il movimento centrale press fit. Esteticamente il resto rimane immutato. Quello che é però cambiato é stato il rapporto di leva, passato da 2.875 della versione 2012 a 2.5 di quella in test.
Secondo gli ingegneri Yeti, con cui abbiamo parlato di persona in occasione della nostra visita, questo cambiamento é stato fatto per rendere la sospensione più sostenuta e meno “plush”, cosa che andrebbe a migliorarne il comportamento in uscita di curva, per esempio.
La sospensione posteriore é un single pivot. L’ammortizzatore é guidato da due braccia agganciate ad un fodero di rinforzo presente fra tubo orizzontale e tubo sella.
La Yeti 575 é montata Fox/Shimano:
– ammortizzatore Fox Float CTD Adjust Kashima.
– Forcella Fox Float 34 150mm.
– Trasmissione a 10v Shimano XT, con pacco pignoni 10-36 e guarnitura 24-38. Deragliatore posteriore XT Shadow Plus.
– Freni Shimano XT.
– Ruote DT Swiss XM 27.5
– Manubrio Easton Havoc Carbon.
– Reggisella telescopico Thomson Elite Dropper.
– Gomme Maxxis HighRoller II Exo all’anteriore. Al posteriore aveva un Maxxis Ardent senza Exo, che abbiamo cambiato subito con uno Schwalbe Hans Dampf 2.35″ Evo,viste le passate esperienze su terreni rocciosi, data la sua spalla non rinforzata.
La bici ci é stata mandata a Moab da Yeti stessa. Non fatevi influenzare dal cavo del reggisella telescopico, posto sul lato sinistro del tubo orizzontale da noi, poiché il telaio é un pre-produzione e lo spazio fra ammo e tubo orizzontale (dove dovrebbe passare) era troppo risicato. Nella 575 in vendita il problema é stato risolto.
Bisogna dire che la 575 é predisposta per un passaggio cavi interno al telaio. Il Thomson del montaggio, però non é stealth.
La 575 viene offerta in 5 taglie, dalla XS alla XL.
La posizione in sella é molto buona, quando si vuole spingere sui pedali in salita. Tutto il “pacchetto” bici collabora: la forcella, pur non essendo abbassabile, non tende a far alzare l’anteriore, l’ammo, se messo in posizione “climb”, ha una buona frenatura della compressione e smorza bene gli ondeggiamenti provenienti dalla pedalata, ed infine la guarnitura doppia offre un ampio spettro di rapporti sufficiente per arrivare in cima anche alle rampe più ripide. L’angolo sella é sufficientemente verticale per poter spingere bene sui pedali.
Da questo punto di vista, la Yeti 575 é un’ottima arrampicatrice. Non ottimale é l’assorbimento delle piccole asperità da parte della sospensione posteriore, piuttosto legnosa ad inizio corsa, cosa che inficia la trazione su fondi sconnessi. Anche mettendo l’ammo in posizione Trail o Descend le cose non cambiano. È proprio il modo in cui lavora il carro a creare problemi sui piccoli urti, ma su questo punto torniamo nel prossimo paragrafo.
La Yeti 575, in discesa, non ci ha convinto. La sospensione risulta essere poco sensibile ad inizio corsa, per poi diventare lineare dopo circa 1/3 dell’escursione e tendere a mangiarsi buona parte del travel già su impatti di media entità.
Abbiamo provato a girare con diversi sag, compresi dal 20% al 35%, ma il risultato non é cambiato. Rispetto alla Devinci Troy Carbon, le sensazioni su un trail come il Porcupine sono estremamente diverse: se la Devinci si mangiava via ogni ostacolo con nonchalance (ricordiamo che le escursioni sono identiche), la 575 richiede un gran lavoro da parte del rider per attutire gli urti con gambe e braccia.
Lo abbiamo fatto presente agli ingegneri Yeti durante la nostra visita, e ci hanno segnalato il cambio del rapporto di leva della sospensione posteriore, che ha tolto quel senso di “morbidezza” presente sulle versioni precedenti. Forse un ammortizzatore diverso, possibilmente con piggy back, potrebbe aggiungere un po’ di sensibilità iniziale al posteriore della 575.
La forcella, dal canto suo, fa bene il suo lavoro, anche se non é così fluida e sostenuta come la Pike.
Altro punto dolente é la trasmissione: pur essendo dotata di deragliatore posteriore Shadow Plus, il sistema di stabilizzazione della catena di Shimano, questa andava a sbattere sui foderi posteriori, risultando in un gran rumore sulle discese tecniche.
Nulla da dire invece sui freni e sul Thomson Elite Dropper: entrambi funzionano egregiamente. Se la performance dei freni Shimano XT non é una novità, siamo rimasti invece piacevolmente sorpresi dalla fluidità del reggisella telescopico e dalla facilità nel poterlo abbassare o alzare all’altezza che ci serviva al momento. Il cavo che arriva fino alla sella é un refuso di altri tempi, per un reggisella uscito nel 2013, quando la concorrenza offre passaggi cavi stealth o perlomeno con un cavo che arriva solo fino alla parte fissa del reggisella.
La Yeti 575 é una all mountain che in salita trova il suo punto di forza, mentre in discesa paga il prezzo di una sospensione poco sensibile ai piccoli urti e troppo lineare su quelli di media/grande entità. Rimane un telaio che non passa inosservato per le sue linee che lo hanno reso famoso, votato ad un pubblico che in discesa non vuole forzare. Per gli altri, Yeti ha in catalogo la linea SB.
Prezzo in Italia: 1.899 Euro per iltelaio con ammortizzatore Fox Float CTD Kashima.
Peso: 13.64 kg senza pedali
Distributore per l’Italia: R11
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