Una storia di mare a passi di flamenco

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Bastian contrari per necessità.

Per due settimane all’anno si può scegliere la stagione in cui vivere e noi abbiamo optato per un prosieguo d’estate, proprio mentre la terra si abbevera delle prime piogge, le grucce dell’armadio si riparano con giacche leggere, tutti i colleghi sono tornati dalle ferie con occhi luccicanti e la nuova versione del software sta per essere rilasciata.

Nessun programma e nessuna prenotazione. Solo un furgone carico di vacanza e scoperta in arrivo dalla Valtellina e una meta: la Spagna!

Oggi, sulle labbra, rimangono due storie da raccontare e un sapore nostalgico di gazpacho andaluso, minestra liquida vegetale e fredda, più dissetante che esaltante, ha preso il posto di quello tondo di pesce fresco e paella, di formaggi golosi, di frutti e verdure raccolti dal sole.

La prima che vi racconto è una storia di mare.

Già so che ne esiste una molto più bella: la preziosa autobiografia che il mare scrive da milioni di anni. Onda dopo onda, edifica e distrugge, scolpisce e modella, a immagine del misterioso abisso che nasconde nel suo ventre oceanico, il confine della nostra esistenza.

La costa è il balcone che ha costruito per noi, diverso in ogni punto del mondo, per poter ammirare la sua maestosa bellezza.

In ogni spiaggia e rocca a picco sul mare, potremo cogliere quel segreto che ha deciso di raccontare di sé e di quel luogo e la cultura e la gente che troveremo sono il frutto di questo antico racconto.

Per questo viaggio scegliamo i segreti della costa spagnola.

Ammetto di essere completamente impreparata e di rimanere tristemente sorpresa quando amici e colleghi mi consigliano di evitare in toto la costa andalusa. Trovo difficile immaginare che le speculazioni edilizie, da cui mi mettono in guardia, fossero nei programmi del mare ed è altrettanto difficile sopportare che un lavoro di milioni di anni possa essere sacrificato in poco tempo sull’altare della movida con orrende colate di cemento.

Mauro invece ha studiato di più. Oltre ad essersi adoperato per giorni in gargarismi ed esercizi di pronuncia della Jota castigliana, ha perlustrato la costa in ogni centimetro di google maps e atteso invano tracce gps in risposta al suo appello nel forum spagnolo di mtb.

Per fortuna il signor Google e la signora Wifi si incontrano in un autogrill sul confine franco-spagnolo e partoriscono una prima meta, dopo 800 km senza stop: la catalana Roses!

Quando si scopre un posto che piace, smontare la tenda e ripartire non è facile. Abbiamo indugiato qualche giorno, esplorando la quasi interezza dei trail della zona in uno scenario di natura e mare selvaggi.

Per mitigare la nostalgia, mi convinco che avrò ancora il piacere di ascoltare il canto degli uccelli protetti della riserva naturale di Roses, un suono atavico a tratti distinto, a tratti unisono con quello del mare e del vento.

Per la scelta della seconda meta ci affidiamo ad un metodo antico ed efficace, la Lonely Planet, che al Parque Natural de Capo de Gata-Nìjar dedica una premessa in grado di diserbare qualunque altra alternativa fiorita nella nostra mente.
Proprio sulla costa andalusa c’è ancora un posto che non ha subito gli appalti del dio delle speculazioni. Capo de Gata-Nìjar è un promontorio arido, puntellato di agavi e di piccoli villaggi di case bianche con attorno una collana di calette incontaminate e selvagge.

La gioia si moltiplica quando realizziamo che il nostro camping si affaccia proprio su una di queste calette, da cui si diramano i sentieri di esplorazione della costa.

Non è una zona per biciclette”. Un autentico paradiso attorno a noi da scoprire in sella smentisce presto la ragazza della reception.
Il giro più bello ci conduce all’isolata cala San Pedro, che ci sorprende per la sua bellezza e per i suoi originali abitanti. Un gruppo di hippie ha abbandonato la città per abitare dei ruderi vista mare e vivere dei soli prodotti della terra.

Ogni cala si deve conquistare, spesso spingendo o portando la bici in spalla, ma in quota ci attende una pedalata su un altopiano roccioso a picco sul mare e poi una discesa d’antologia sulla cala successiva.

Uno potrebbe chiedersi il perché di tanti chilometri e della Spagna, se si vive vicino alla costa amalfitana, calabrese o ligure, o se si nasce in Sicilia o in Sardegna.

La risposta è in quel segreto che il mare racconta.

Quello che ho trovato qui, tra queste meravigliose pedalate e calette, è una sonata di chitarra di un artista di flamenco sotto il cielo stellato di Las Negras; dalle corde e dalle sue dita, mosse da un incantesimo, le emozioni e la storia di un popolo sono emerse in forma di note per cantare al cuore questo angolo di mare.

E il viaggio continua…

Alessandra

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