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Ore 6. Zip, zip.
Le zip delle tende intorno; un frusciare di borse e sacchetti. Passi.
E’ questa la sveglia all’alba dei sei giorni di Trans-Provence.
Mi arrotolo tra saccoapelo, borsa, zaino, vestiti, scarpe, protezioni, casco… Zip-zip, e mi affaccio: bene c’è il sole. Quanto mi copro? Quant’acqua porto? Dove sarà la Food Station? Controllo la mappa… Saliamo oltre i 2100 m slm, e la FS è… lontana. Resta il dubbio: le scarpe bagnate è meglio indossarle o chiuderle in valigia assieme ai vestiti asciutti?
“Morning, how was your sleep?”
Odore di frittata… Qui son tutti british… (possibile che siano più i neozelandesi che i francesi?). Mi siedo con un piatto fumante di “colla filamentosa e bianchiccia”, il famoso porridge! Ritiro il panino, il chip (fondamentale!), recupero la bici, lavo i denti, riempio il camel, chiudo lo zaino, riassemblo la borsa e la porto sotto il gazebo-borse. “Ciao tendina, a stasera”. Zip-zip.
Ore 7. Oggi partenza furgonata dal campo. Curve su curve, sali e sali, ed eccoci al passo. Si scaricano le bici, breve briefing e si comincia in discesa attraversando prati alpini fioriti. Panorama stupendo. Nonostate la stanchezza (che si accumula implacabile) cerco di assaporare la luce, gli orizzonti, il profumo dell’erba…
Fuori dalle Speciali mi prendo tutto il tempo che posso… Intanto i Pro mi passano col motore nelle gambe – come al solito: salita o discesa che sia… Ed ecco la PS: appeso a un albero un A4 plastificato e un apparecchietto per “timbrarsi” il chip e far partire il tempo…
A posteriori, il ricordo delle giornate si confonde: non riesco più a distinguere le prove del DAY3 da quelle del DAY4… Gli scenari cambiavano tanto rapidamente…
Si partiva in un bosco alpino di larici, profumo montano, ma… girato il versante, eccoci a Sud nella macchia mediterranea: fondo sassoso, ginestre, lavanda selvatica… E poi giù, si risale una duna di terra grigia, un calanco, un’erosione… E poi di nuovo un bosco di querce, dal fondo di terriccio-che-tiene, ripidi tornanti…
Per non parlare del DAY1, su fino a 2600! Io felice di fare tanto bel (scivoloso) portage con la bici sulla schiena e i piedi nella neve… E la prova nel torrente? Il single track era praticamente un torrente, e sul finire – sorpresa! – l’attraversamento impetuoso di un grosso fiume…
E il giorno nei canyon sulle terre rosse: tutto arido, cespugli verdissimi, sentiero di compatta ghiaia rossa, very expo… Ma dove siamo finiti, in Arizona o su Marte?
Incredibile era anche l’alternarsi delle speciali, tornantini tecnici, tratti pedalati, sentieri fluidi con sponde naturali: di tutto, di tutto! Persino i trasferimenti, quasi tutti su sentiero… Ash (l’organizzatore) è un genio, assolutamente un genio!
Le PS bellissime, tutte bellissime… Tranne una. Estenuante, un caldo boia, due di pomeriggio, versante sud, macchia mediterranea. Dopo l’ennesimo tratto pedalato in cui stavo sputando l’anima, mi ritrovo quasi a un villaggio, spariscono le bandelle, le frecce… Mi sono persa! Noooo… Ritorno indietro sfinita, col tempo che continua a scorrere (19 minuti)… riecco il percorso, un’ultima curva, l’arrivo… “Ho tirato dritto all’ultima curva?? Mi viene da piangere”. Fa parte del gioco.
E dopo molte ore, riecco il campo! Catini pieni di lattine di birra. Un vago trascinarmi tra le tende a cercare la numero 85. Eccola!, “ciao tendina!!”. E ricomincia il lavoro, trova la borsa, lava la bici, sistema la bici (o portala ai tecnici Mavic…), metti i vestiti ad asciugare…, ah, e la doccia. La cena, e di nuovo trafficare in tenda, i vestiti, lo zaino…
22.30. Ancora il frusciare di borse e sacchetti. Passi…
Le zip delle tende intorno…Zip-zip.
Federica Amelio
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Images by Irmo Keutzer, Sven Martin, Sam Needham, Duncan Philpott
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