«Ebbi a lottare con il più grande dei soldati, Napoleone. Giunsi a mettere d’accordo tra loro imperatori, re e papi. Nessuno mi dette maggiori fastidi di un brigante italiano: magro, pallido, cencioso, ma eloquente come la tempesta, ardente come un apostolo, astuto come un ladro, disinvolto come un commediante, infaticabile come un innamorato, il quale ha nome: Giuseppe Mazzini. »
Lo chiamavano Balilla. Era solo un ragazzino, vestito alla moda di 3 secoli fa, ma scagliò una pietra che entrò nella storia. Sui testi non si trova se cavò un occhio all’ufficiale austriaco, se lo mancò o se mirò direttamente alla bocca aperta per l’imminente ordine di conquista. Non aveva l’intelletto illuminato di Giuseppe Mazzini e non avrebbe potuto scrivere un libro per l’occasione.
Balilla udì però una voce, che altri genovesi udirono e avrebbero udito, pronunciare quella parola che non abbisogna di ulteriore aggettivi per descriversi, perché ha la forza di far insorgere un popolo:
L i b e r t à.
“La libertà non è un fine, è un mezzo per sviluppare le nostre forze.”
Questo scriveva Giuseppe Mazzini e la storia della città di Z non è la storia di una città qualunque. E’ la storia de “La Superba”.
Genova, 72 anni dall’ultima liberazione e non sentirli. Libertà che seppe conquistarsi, prima dell’intervento americano sul cielo del Bel Paese, combattendo tra i monti che oggi percorriamo in bici. Non è possibile sulle alture della mia città non percepire il significato di questa parola immensa che oggi fa parte della nostra vita, come l’aria che respiriamo.
Una cinta muraria di protezione, seconda per dimensioni solo alla muraglia cinese, incorona La Superba. Oggi le fortezze non la proteggono più dalle incursioni da Nord, neppure dagli assalti padani alla riviera nei weekend di sole 🙂 . Delimitano il parco delle mura, lontano dai rumori cittadini ma a portata di sguardo per innamorarsi di ogni veduta della città.
Genova è una cascata di monti che versa in mare prati e palazzi.
Il parco è la dimora di Forti di diverse epoche, purtroppo oggi in stato di abbandono, e…
…dei sentieri per le mie gite di bambina, per le nostre ruote e per le rare camminate dei genovesi “della domenica”; sono sorprendentemente pochi a preferire la verde pace delle colline…
…all’affollamento del centro, ampiamente godibile anche nella luce del crepuscolo.
Finché il sole è alto nel cielo, preferisco lasciarmi fiorire come la natura attorno, spinta dall’aria di primavera…
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…e farmi raccontare la storia dai tesori che i genovesi non ascoltano più.
Genova è una città verticale. Funicolari e ascensori si appendono come acrobati sulle alture.
Per risalire e discenderne, bisogna percorrere le arterie e le vene che dal cuore, il centro storico, dipartono e giungono: le creuze, i sentieri, le strade e le scale.
A Genova è naturale arrampicarsi e pedalare, naturale come prendere un ascensore e affacciarsi dalla terrazza dei sogni: Spianata Castelletto.
Un balcone sulla città vecchia, appena un piano sotto, da dove è impossibile non sentirsi poeti. Laggiù i caruggi innervano una mecca medioevale, da percorrere seguendo i segmenti di cielo che si fanno spazio tra cornicioni e persiane.
Puoi scendere senza orientamento in questo labirinto di storia, in sella o a piedi, con la certezza di arrivare al mare.
Genova è un multicolore incontro di culture. Dal porto è possibile scegliere se salpare verso il mondo o aspettare che il mondo arrivi.
Caro mondo, se arrivi, ti chiedo di ammirare la bellezza di una città che ha sempre saputo poco raccontarsi. Sii anche consapevole che in futuro, come nella storia, a regnare sulle nostre libertà ci sarà solo il volo dei gabbiani sotto l’occhio vigile di una lanterna.
Alessandra
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