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Ho avuto la fortuna di partecipare alla prima edizione del Tuscany trail nel 2014 e è stata una esperienza che ha segnato una svolta nella mia evoluzione del rapporto con la bicicletta. Quello che ha scritto l’organizzatore, Andrea Borchi, sul sito ufficiale, mi ha subito colpito profondamente: “il Tuscany Trail è la prima avventura in autonomia per mountain bike d’Italia. Il Tuscany Trail nasce dalla voglia di importare in Italia un concetto di sport nato oltre Oceano, non si gareggia più contro un avversario ma contro se stessi. Questa infatti non è una gara ma un’avventura, una sfida per chi si vuole mettere alla prova. Chi coglierà questa sfida si cimenterà sull’intero tracciato cercando di impiegare il minor tempo possibile.” E’ quello che ho sempre pensato io dell’andare in bicicletta, la gara non mi è mai piaciuta, mi ha sempre appassionato invece l’avventura, l’esplorazione. E la mountain bike è il mezzo perfetto per farlo. Sono già più di dieci anni che nella home page del mio sito http://www.meranobike.it ho scritto queste parole: “Essendo nato a Merano, non mi sono mai reso completamente conto di quanto le montagne che la circondano siano magnifiche. Tutto è sempre stato normale, il verde dei prati e dei boschi, l’azzurro dei laghi e dei ruscelli, il bianco della neve. Scoprendo la passione per le due ruote, ho anche scoperto sentieri sconosciuti, strade che si addentrano nel fitto dei boschi e tracce quasi invisibili sui prati di alta montagna. In questi posti si può godere al massimo la libertà che la mountain bike riesce a dare e, lontani dal traffico, si assapora la natura che ci circonda, spaziando fino alle vette più alte.
Immersi nella natura, si incontrano ogni volta percorsi vari e diversi, che alternano strade forestali, stretti sentieri e discese tecniche. Quando gli ostacoli naturali non si possono superare in sella, si può caricare la bici in spalla lottando contro le difficoltà e, alla fine, assaporare la soddisfazione di avercela fatta raggiungendo un alto valico alpino o terminando una ripida discesa lastricata.”
Questo è quello che penso ancora oggi e che si ricollega perfettamente al pensiero di Andrea. La sfida contro se stessi e l’esplorazione uniti in un unico concetto, in questo caso basta avere una traccia caricata sul proprio gps e partire. Pedalare, esplorare, conoscere, vivere.
Sempre nella stessa filosofia rientra il concetto di fat bike che mi è cosi caro negli ultimi anni, non la ricerca della prestazione, ma della comodità, di una bici adatta ad esplorare, ad essere anche caricata con molto peso, una bici unica e adatta a tutto, polivalente. Se poi riesce anche ad essere veloce, come è, tanto meglio. E allora l’anno scorso ho deciso, per primo e unico, di partecipare al Tuscany trail con la fat bike caricata in bikepacking, convinto che fosse la scelta migliore. E dopo averlo fatto, ne sono stato ancora più convinto, tanto che quest’anno l’ho rifatto nello stesso modo. E sono stato anche il quarto ad arrivare a Capalbio, e il primo aveva la mia stessa bici, anche se con ruote da 29+ da 3 pollici. (Solo un piccolo appunto per chi non conoscesse le fat bike: come nelle mountain bike “normali” si va dalle xc alle downhill, anche nelle fat ci sono varie tipologie di bici, estremamente diverse una dall’altra come prestazioni e uso. La mia è definita dalla casa costruttrice come “race”, è completamente in carbonio, pesa 11 kg e ha gomme molto scorrevoli. Va da se che fare lo stesso percorso con una fat da 16 kg gommata con tasselli molto pronunciati sarebbe tutta un’altra cosa).
Arrivo allora a Massa la sera prima della partenza e faccio conoscenza con tanti amici finora conosciuti solo virtualmente. La sera tutti a cena insieme e poi a cercare di riposare qualche ora in attesa della partenza. La mattina ci ritroviamo di buon’ora in piazza Aranci, visto che quest’anno i partecipanti sono aumentati a dismisura, siamo circa 210 provenienti da 11 stati diversi e la distribuzione delle targhette per la bici e dei gadget è naturalmente più lunga. E quest’anno sono aumentate a dismisura anche le fat bike e le attrezzature da bikepacking.
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Si possono vedere un po’ tutte le tipologie di bici, da quelle minimali a quelle che sembra debbano fare tre mesi in Alaska!
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Un gruppo molto eterogeneo insomma, del resto è giusto cosi, proprio questo è lo spirito di questa avventura: non è una gara, non c’è tempo limite, c’è chi si mette alla prova e vuole metterci il meno tempo possibile, e chi invece si prende una settimana di ferie e gira in autosufficienza con tenda e pentolini.
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Io ho provato a fare una cosa media cercando di stare il più leggero possibile, viaggio con sacco a pelo, materassino gonfiabile, un ricambio di tutti i vestiti, completo da pioggia, luci per la notte e i soliti ricambi per la bici. In tutto la borsa anteriore pesa 3 kg e quella posteriore 4.
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Niente zaino naturalmente, per poter viaggiare a schiena libera e leggera. Prima della partenza gli amici mi chiedono quanto penso di metterci, io rispondo che spero di farcela in tre giorni. Del resto quest’anno mi sono allenato piuttosto bene e sono arrivato a fare un paio di giri da oltre 100 km e 3500 metri di dislivello e mi sento bene. Ma farne 560 e 11000 di dislivello è un’altra cosa. Vedremo.
Finalmente si parte. Nel gruppo si ride e si scherza, ma l’andatura è già buona. Appena comincia la prima salita il gruppo si sgrana e quelli meno allenati, o con le bici troppo cariche, se la prendono inevitabilmente con comodo. Io cerco di fare la mia andatura, anche perché entro sera vorrei passare Firenze e mi aspettano più di 4000 metri di dislivello, con il tratto delle Apuane che sembra veramente non finire mai. Vedo che gli amici Dario Gnali e Michele Minessi hanno più o meno la stessa mia andatura e procediamo insieme.
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Eccoci al tratto più difficile di tutto il trail, un sentiero lastricato e ripidissimo che si inerpica per la montagna, non c’è niente da fare, qui bisogna camminare spingendo la bici e basta. Fra l’altro non riesco neanche a fare portage, perché la bici in questo assetto pesa circa 19 kg, e anche spingere non è facile. Arriviamo finalmente al passo, ci riposiamo un attimo
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e comincia la discesa sul sentiero piuttosto tecnico, dove c’è un’altra scrematura perché molti, non abituati, procedono a piedi anche in discesa. Poi si risale e si riscende, le Apuane sono cosi, interminabili.
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Ormai il nostro terzetto è piuttosto affiatato, avanziamo bene, anche se io, per stare insieme ai due amici, devo tenere un ritmo leggermente superiore a quello che vorrei.
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Finalmente riconosco l’ultima discesa, quella che ci porta a Prato. La prima parte è molto scassata, ma le mie grandi gomme mi aiutano a passare veloce. Eccoci in fondo alla discesa, sono ormai le 19 e ci fermiamo alla prima focacceria per mangiare qualcosa. Ripartiamo ritemprati, adesso ci aspetta una lunghissima pista ciclabile fino a Firenze. Dario è un torello, si mette davanti e ci taglia l’aria. Ogni tanto gli diamo il cambio, ma è lui che fa il grosso del lavoro. Io ne approfitto, mi metto in coda e mi riposo un po’, oggi ho tirato un po’ più del dovuto e domani probabilmente sarò solo, visto che i due amici mi hanno detto che dopo Firenze si fermeranno per dormire qualche ora. E’ notte quando arriviamo nel capoluogo, la città è bellissima come sempre, passiamo il centro e saliamo a piazzale Michelangelo dove mangiamo qualcosa e beviamo un caffè.
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Ripartiamo e a sud di Firenze alte colline ci attendono e il dislivello fatto finora continua ad aumentare. Per fortuna il prode Dario è sempre li davanti a tirare. Alle 23 usciamo da un paesino e riconosco la panchina dove mi ero fermato a dormire l’anno scorso. Dario e Michele prendono l’occasione al volo e decidono di montare la tenda in un prato li vicino, io invece non ho sonno e sono molto motivato, perche l’anno scorso ero passato di qui alle 4 di mattina, sono perciò in anticipo di 5 ore e decido di continuare. Saluto i due compagni di viaggio e proseguo da solo, fino quasi alle porte di S. Gimignano. Guardo il gps, sono le 4, ho fatto 270 km e 4800 metri di dislivello, direi che per oggi può bastare. Alla prima fermata coperta dell’autobus gonfio il materassino, mi infilo nel sacco piuma e buonanotte.
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Alle 5.30 sono già sveglio, strano a dirsi ma mi sembra anche di essere riposato! Metto a posto le mie cose, chiudo le borse e mi avvio verso S. Gimignano per la colazione. Arrivo alle 6 giusto in tempo per l’apertura del primo bar, cappuccino, brioche a volontà, due panini da portare via e riempio la borraccia.
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Ecco adesso vedo la vita da un altro punto di vista e sono a pronto a pedalare fino a mezzogiorno. Comincio a pedalare e mi rendo conto solo adesso che sono solo, e lo sarò per tutto il giorno e fino all’arrivo. Ieri almeno si passava un po’ il tempo scambiando qualche parola, e poi in tre ci si aiutava nei momenti di difficoltà. Oggi dovrò cavarmela da solo, pazienza, per fortuna sono abituato a pedalare spesso da solo.
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Saluto S. Gimignano e poi attraverso Colle val d’Elsa, Monteriggioni, Siena, Pienza, la via Francigena, le strade dell’Eroica e adesso una delle parti più temute di tutto il giro: la lunga salita a Radicofani.
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Comincia a farsi sera e sono piuttosto stanco, oggi la media è sicuramente più bassa di ieri, anche perché non ho nessuno che mi dia il cambio. Salgo lentamente, un po’ alla volta il paese si avvicina e verso le 19 arrivo in centro e mi fermo al bar in piazza per un panino e un tè caldo che mi rimetta a posto lo stomaco. Faccio un po’ di conti: l’anno scorso sono arrivato qui alle 17, ma del terzo giorno e non del secondo come quest’anno. Bene, sono in anticipo di quasi un giorno e ho ancora un po’ di ore per andare più avanti possibile. In più arrivare a Radicofani da sempre molta fiducia, perché è il punto più alto di tutta la seconda parte, e da qui in avanti c’è più discesa che salita. Arrivo a Sorano che è già buio, un caffè e un gelato e via. Altra tappa a Pitigliano per un paio di dolcetti, il paese visto di notte è veramente spettacolare. Dopo mezzanotte sono a Montemerano, un altro caffè, un riposino di qualche minuto e avanti, ormai decido che devo arrivare al mare. Fino ad Albinia sono 40 km lunghissimi e il sonno si sta impadronendo di me, continuo a pedalare, nel buio mi sembra come di vedere delle persone che si muovono, ma in effetti non c’è nessuno. Realizzo che mi sto addormentando mentre pedalo, sto sognando ad occhi aperti, forse è meglio fermarsi per qualche minuto. Sono in mezzo alla campagna al buio, dopo una curva sbuca un pozzo in cemento e mi ci sdraio sopra, cinque minuti di sonno mi faranno bene. Improvvisamente mi sveglio, è passata quasi mezz’ora e comincia a fare freddo, rimonto in bici e pedalo fino ad Albinia. Ormai è quasi fatta, manca il lunghissimo rettilineo di dieci km fino a Porto S. Stefano, ma sono stanco e affamato e sento che le forze mi stanno abbandonando. Guardo il gps: anche oggi 260 km e 4700 m/d, ma tutti in solitaria. A velocità quasi pietosa, solo girando i pedali senza spingere, riesco a raggiungere il paese alle 4.30. Sul lungomare è pieno di grandi panchine in cemento, ne scelgo una un po’ isolata, tiro fuori il sacco piuma senza neanche il materassino e mi abbandono al sonno guardando le stelle sopra di me. Sono stanco ma felice.
Apro gli occhi ed è già chiaro, guardo l’ora, sono le sei. Trovo anche qui il primo bar che apre al mattino ed eseguo il solito rito, cappuccino, brioche, bagno, panini e acqua per la borraccia. Ho dormito poco più di tre ore in due giorni, ma conosco bene l’ultimo tratto e so che l’arrivo è vicino. L’adrenalina che scorre forte nelle vene mi terrà sveglio fino a Capalbio.
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Bellissima la nuova variante con il sentierino lungo il mare, poi non resta che salire e scendere, salire e scendere.Oggi ho anche il vento contrario, ma ormai sono vicino e soffro in silenzio (anche perché sono solo!) e continuo a pedalare. Ultimi 50 km e 1000 metri di dislivello, ecco la bella pineta e poi l’ultimo infinito rettilineo fino a Capalbio. Alle 9.30 ecco il centro sportivo, sono arrivato!
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Pensavo di metterci tre giorni, invece ho finito in due giorni e un’ora. E godendomi il passaggio in tutti i centri storici, qualcuno all’alba, qualcuno di giorno e qualcuno di sera. Tutto bellissimo anche quest’anno. Certo, ho viaggiato di notte oltre a quelli che erano i miei limiti conosciuti, volevo provare una volta a farlo e probabilmente non lo farò più, perche anche io preferisco pedalare di giorno e godermi i panorami. In ogni caso mi sono proprio divertito tanto, pedalare mi piace e non smetterei mai. Queste avventure mi piacciono veramente tanto. Già l’anno scorso, parlando con Andrea, ci siamo detti che sarebbe stato bello che in ogni regione d’Italia potesse nascere un’avventura come il Tuscany trail. E allora, mentre pedalavo lungo le strade dell’Eroica e la via Francigena, ho pensato di cominciare subito e creare il mio trail in Alto Adige. La mia provincia la conosco alla perfezione, ed è stato un attimo collegare tutti i sentieri più belli e divertenti e creare l’Alto-Adige Südtirol Xtreme bike trail, 480 km e 11500 metri di dislivello da un capo all’altro della provincia, con partenza l’11 luglio. Il tutto condito dai fantastici panorami dell’Ortles e delle Dolomiti.
E dopo avere provato il percorso per creare la traccia Gps, mi sono venute in mente queste parole:
Forse farete fatica, suderete, andrete in crisi, avrete freddo, dormirete poco, mangerete male.
Forse sognerete l’arrivo come una chimera.
Ma qualunque difficoltà queste giornate porteranno con se, quando vedrete l’arrivo, capirete che il vero traguardo non è quello che avete davanti, ma tutto quello che avete visto e passato in quei giorni. E allora, forse, girerete la bici e ripartirete dalla parte opposta. Perché quello è il vostro vero traguardo, il senso della vostra vita, pedalare, capire, vivere.
La vita non è una gara, non dovete vincere sempre, non è necessario. E se qualcuno ve lo fa credere, lasciate che competa senza di voi. Voi rilassatevi e godetevi lo splendido paesaggio.
Alto Adige/Südtirol Xtreme bike trail
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