In Italia si chiama Cervino, in Svizzera Matterhorn. Yura e Happykiller sono saliti da Zermatt verso la montagna più spettacolare delle Alpi e ci hanno portato delle foto favolose. Ecco il report.
Nell’arco dell’ultimo anno ho fatto molti dei giri più belli che potessi immaginare: Ghiacciaio dell’Aletsch, Ghiacciaio di Plaine Morte, Belalp, Fuorcla Surlej e Piz Nair, Piz Umbrail, Cima della Trosa, Balconata della Val Ferret, Becs de Bosson e the Brazilian, Illhorn. Ma c’è un luogo che supera tutti: Zermatt.
A Zermatt tutto è perfetto. L’apoteosi della perfezione svizzera.
Da un paio d’anni esploro e studio le mappe e le foto della Ober Mattertal e c’erano alcuni sentieri che avrei DOVUTO fare, inspirato come non mai. Il 22 Settembre si presenta l’occasione di andare a concretizzare il sogno nelle condizioni ideali: solo con due amici in gamba e simpaticissimi, Yura che conosce tutte le vette, va forte e potrebbe campare facendo il fotografo e Pol che guida deliziosamente.
Bene, partiamo.
Non è suonata la sveglia! Sebastian Loeb si è impossessato di me e in un nanosecondo mi proietto all’appuntamento, con gran puzza di gomme e freni bruciati.
Da Täsch cominciamo a salire nel freddo pungente del mattino, con la sella di Yura che comincia a torturarlo. Ignoramo più divieti e segnalazioni di interruzione del percorso per frana. “L’Europaweg è troppo bello, dobbiamo andare, frana o non frana!”. Ma quando al quarto cartello di divieto, s’aggiunge una barricata e sentiamo l’elicottero che fa spola probabilmente con operai al lavoro, siamo costretti a rinunciare.
In discesa perdiamo il sentiero strabello che riporta a Täsch, ci infognamo in un alpeggio. Dietro-front, discesa su inutile sterrata, depressione massima, voglia di tornare a casa.
Raggiungiamo Zermatt prima su sentiero, poi su asfalto e paghiamo 40€ per una salita in trenino. Morale bassissimo. Avrei preferito salire allo Schwarzsee e vedere un posto nuovo, se proprio dovevo pagare una sberla.
Mentre salgo sul trenino, rivivo malinconicamente i ricordi delle precedenti esplorazioni, e il morale non si risolleva fino a quando monto in sella a 3100m. Non mi investe lo stesso stupore della prima volta, ma la maestà di questi ghiacciai lascia senza parole.
Il sentiero che voglio fare è vietato alle bici, ma in tre, in un sabato di settembre forse può essere tollerato.
Prima di iniziare a scendere, ci fermiamo a goderci questo spettacolo immenso.
Yura sfotacchia senza sosta (come me la prima volta); Pol si sdraia a godersi tranquillamente il tepore del sole; io ho fame di ricordi. Vorrei sdraiarmi anch’io e crogiolarmi al sole come una lucertola, ma “non è il momento”; voglio incidere profondamente l’immagine di quei ghiacciai nella mia memoria. Contemplo il ritiro dei ghiacciai, che solo 3 su 6 si toccano ancora. Voglio portare con me per sempre quel momento, quello stato delle cose d’una bellezza primordiale, che già odora di tristezza, sapendo che i miei figli non vedranno lo stesso spettacolo.
Le previsioni meteo davano un cielo senza nuvole, ma yura ha richiesto delle nuvolette per esaltare la profondità delle foto e Dio l’ha accontentato. (Anche qualche nuvola in meno andava bene, eh!)
Ok, si parte. Il versante nord è innevato, quello sud asciutto e solatìo, come previsto.
La traccia è molto impegnativa, con tornantini stretti, passaggi al limite, ripidi, fondo smosso per niente sincero, su un pendio che ti chiede cortesemente di non precipitare e di non far cadere pietre che rischierebbero di ammazzare chi passa sui mille tornanti sotto.
[sconsigliato a chi non ama il vertriding. Invito a rispettare il divieto nei weekend estivi e ai gruppi di più di 4-5 persone]
Pol se la cava piuttosto bene, Yura è un po’ intimorito e continua a dirmi “a veder scendere te, sembra tutto facile” e io gongolo.
L’esaltazione è alle stelle. Quei 400m di vertriding in picchiata sul Gornergletscher sono stati fenomenali! Il paesaggio intorno è talmente grandioso che siamo sempre fermi a far foto. Questo significa che lo zainone di yura continua a volteggiare velocemente per estrarre e ritirare “l’arma”. Lucky Luke con l’AK-47. Click click, anzi sftà-sftà-sftà-sftà… J
Faccio anch’io qualche foto con la sua arma tecnologica, ma io non so usarla. Agisco meglio col mio baracchino compatto.
Il sentiero vert si innesta sulla balconata che va verso il Monterosahutte; noi lo risaliamo in direzione NWW, apprezzando l’alternarsi di salite lisce a rampe tecniche ed esposte quasi a strapiombo sul ghiacciaio. Bisogna stare attenti a non farsi incantare dalle sirene e precipitare: gli occhi sono attratti continuamente dai ghirigori bislacchi dei ruscelli che solcano il ghiaccio, e dai laghi sospesi, e dalle seraccate infernali sotto al Breithorn e… ricompare il Cervino di fronte a noi, nella sua perfezione geometrica, nella sua posa ieratica e distaccata, bello perché perfetto (visto dalla Svizzera), di roccia scura, quasi immune ai cambiamenti climatici.
Il piccolo Riffelhorn è una piramide nera che cerca di imitarlo, scolpito da immani frane, e la prospettiva con cui ci avviciniamo ne risalta la somiglianza.
È ora di flow.
Il sentiero è una pista con piccole rocce per saltare, appoggi naturali e quel maledetto bastardo aguzzo che ci costringe a fermarci ancora ad immortalarlo. E pazienza, fotografiamolo! Vanitoso si specchia nel Riffelsee, formando un rombo preciso. E allora poseria sia!
[qui si ricongiunge il sentiero più facile che arriva dal Gornergrat]
E giù ancora in un idillio di curvettine veloci fino a Riffelberg. Semplicemente esaltante.
Tra le varie alternative di sentiero (che difficilmente sono deludenti), scegliamo la discesa più lunga, ma che implichi meno risalite. Sono preparatissimo, quindi andiamo sul sicuro.
Tra Riffelberg e Riffelalp il singletrack è completo: un continuo alternarsi di tratti super-flow su Ovomaltina (a Zermatt non c’è terra, ma Ovomaltina) e tratti super-tecnici tra le pietre aguzze, in mezzo alle piantine di mirtillo arrossate dal freddo, i primi larici con voglia d’autunno e il solito Matterhorn.
Da Riffelalp un saliscendi bucolico tra venerandi cedri ci porta verso Sunnegga, dove saremmo dovuti arrivare al mattino percorrendo l’Europaweg. In breve raggiungiamo il singletrack desiderato e le danze ricominciano. Liscio, dolce, stretto, imprevedibile, un orgasmo da guidare nel sottobosco. Quasi commossi, all’incrocio con l’altro sentiero, ci fermiamo a stringerci le mani con un sorriso incredulo.
E ora si cambia stile: DH! Traccia più larga, saltini, sponde naturali, sassi, canalini e radici da ollare a tutta velocità. Livello di adrenalina a fondo scala.
La pacchia proseguirebbe, ma io ho altre idee. Deviamo a destra e su un ponticello troviamo due belle ragazze in bici. Non ci credo. Questo è il paradiso!
Nella ripida salita successiva ci sfidiamo. Toste queste due! E subito sono innamorato, ma sono poco socievoli. Peccato.
Prima dell’ultima parte della discesa, una birretta al sole, davanti al Cervino, nella beatitudine più assoluta, è ciliegina sulla torta… con ancora una vagonata di torta da mangiare!
Però c’è un problema che ci rende dubbiosi: il sentiero che dovremmo percorrere è vietato alle bici, agli slittini, alle moto e c’è anche una sbarra (alzata) con divieto per i pedoni! Cos’è? Una mulattiera per scoiattoli?!
Prima di prendere seriamente in considerazione di seguire una delle alternative che presento, chiediamo alla barista, che gentilmente ci dice che possiamo scendere comunque. MOLTO bene!
C’è un lungo bisse da seguire, illuminato dal bel sole del pomeriggio. Voglio portare i miei compagni su un altro traverso interminabile, con un tratto davvero a balcone nella roccia. E così è: un falsopiano tutto da guidare nel bosco sopra e intorno ad un tubo (tutto il bisse è intubato), mai noioso, anche se la pendenza è irrisoria.
Dopo un paio di km, quando raggiungiamo una mulattierona, la ignoriamo e prendiamo la direttissima per Zermatt: ancora DH style a fuoco, alternando sponde lisce a passaggi sconnessi da pennellare su traccia larga. WOW!
La discesa è infinita, il sole ci bacia fino all’ultimo, il godimento è stellare.
Gli ultimi 100m di discesa sono ancora diversi: gradini. Gradini, gradini, gradini; prima sono una successione di travi di legno smussate, non raccordate, che si attorciglia su se stessa (trappola insidiosa); poi facili e veloci gradini di pietra.
Pizzico all’inizio della scala. Con la mia pompetta (masturbamarmotte) ci metto una sacco a portare la gomma ad una pressione appena decente, per cui farò il resto de giro “sulle uova”.
Arrivati sazi a Zermatt optiamo per completare il giro secondo capitolato, anche se s’è fatto tardi. Quindi risaliamo brevemente sul versante occidentale, oltre l’abitato e ci spariamo gli ultimi 4km di saliscendi in singletrack che ci riporta a Täsch, stanchi e felici come bimbi il giorno di Natale.
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Grazie ragazzi per la compagnia splendida, per avermi dato piena fiducia sull’itinerario, per le tante foto che so già essere da antologia prima ancora di vederle.
Che giornata memorabile!
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