Come promesso continuiamo il nostro percorso nel mondo delle protezioni andando a parlare di tutti quegli accessori che riguardano la sicurezza di tronco e testa. (QUI prima parte su protezoini per gli arti)
Nell’ordine analizzeremo: Pettorina completa per tronco e spalle, paraschiena (integrato nella pettorina, a parte, integrato nello zaino), neck brace.
Inizialmente volevo introdurre anche caschi e mascherine, ma vista l’ampiezza dell’argomento e visto che già con le prime tre protezioni ne avete da leggere preferisco dedicargli una puntata apposita per poter sviscerare al meglio l’argomento.
Iniziamo subito in quarta e parliamo delle pettorine complete (o solo busto).
Complete è in realtà un parolone. Per ovvi motivi biomeccanici non posso avere protezioni rigide o ingombro di protezioni morbide nella zona dell’addome. Ecco che le pettorine vanno a proteggere dove abbiamo ossa, quindi il costato, la schiena, le spalle (testa dell’omero e spesso clavicole).
Sicuramente pettorine complete danno comunque un buon grado di protezione negli impatti. Non dimentichiamo però che proprio per il discorso fatto la scorsa puntata sulla sensazione di “super-sicurezza” non dobbiamo sentirci invincibili, nemmeno con addosso la pettorina. Queste infatti non riparano in nessun modo da lussazioni, storte, colpi al ventre (e spesso anche colpi ai lombi, dipende da come sono fatte le pettorine). Come per ogni protezione prevengono e dissipano un colpo diretto evitando magari una frattura o una lesione di qualche osso, oltre che una sicura escoreazione. Anche qui esistono pettorine con guscio rigido e pettorine morbide. La grande differenza sta nel calore immagazzinato all’interno della protezione, e dipende in particolare dal materiale. Ovviamente se abbiamo una placca in plastica non avremo dissipazione di alcun tipo in quella zona e difficilmente riusciremo ad avere un prodotto traspirante, anche se, come già detto per ginocchiere e gomitiere, avremo sicuramente una sicurezza in più rispetto alle pettorine con protezioni morbide.
Una cosa fondamentale nelle pettorine è la taglia giusta. Vista la complessità delle forme sarà fondamentale poter provare e scegliere al meglio il prodotto in base alla propria composizione corporea. Ricordatevi anche di provare movimenti classici della bici per capire se, per esempio, spalline troppo abbondanti per voi, o un para-costato troppo lungo, potrebbero interferire in qualche modo coi vostri movimenti o provocarvi fastidio.
Infine esistono pettorine strutturate tipo -maglietta intima-, sicuramente una soluzione funzionale dal punto di vista della comodità anche se non sempre sono protettive come le classiche pettorine effetto Robocop.
XC: La comodità e la freschezza sono all’ordine del giorno e ovviamente non si può dare torto ai rider sotto questo punto di vista. Per chi trova della sicurezza nel’uso delle protezioni può ragionare sul provare a usare magliette con leggere protezioni morbide, magari nelle giornate più fresche. Le nuove tecnologie permettono di avere materiali sempre più leggeri, traspiranti e all’avanguardia. Da lì a dire che è comodo pedalare con le protezioni addosso ce ne passa.
Enduro: Qui in discesa si pesta già duro (chi più chi meno visto che come detto l’altra volta questo è il campo più variegato). Ovviamente però c’è anche chi si fa migliaia di metri di dislivello, magari del portage, e il tutto il 15 di agosto. La pettorina rigida, ma anche quella morbida, è difficilmente comprimibile e occuperebbe uno spazio immenso nello zaino. Probabilmente avere una pettorina da poter utilizzare solo per i giri con discese veramente difficili o magari quando ci si aiuta con dei mezzi nelle risalite (almeno un pezzo) o se le temperature sono rigide ha senso. Ancor più senso ha valutare una maglia intima con protezioni morbide e che sia traspirante. A quel punto si ha una protezione di base a cui aggiungere a piacimento i vari pezzi per essere più protetti. (ad esempio aggiungendo uno zaino con paraschiena e delle gomitiere più spesse nel momento del bisogno).
Gravity: Poche scuse, qui si va solo in discesa e la pettorina non da tutto questo fastidio (se non per la storia del sentirsi iper protetti e abbracciare gli alberi). Lasciate stare pettorine morbide o protezioni leggere, qui ci va la plastica, le placche. Se decidete di non usarla dovete essere consci del fatto che è una scelta totalmente vostra e delle conseguenze che possono esserci.
Freestyle: Qui il discorso è complesso. La libertà di movimento è assolutamente una priorità in questi sport e il range di movimenti necessari è infinitamente maggiore rispetto alle altre discipline (pensiamo solo il fatto di alzare le braccia sopra la testa, in nessun’altra disciplina c’è questa necessità e le pettorine non sono studiate per lasciare liberi questi movimenti). Nello stesso tempo si cade su percorsi preparati (e lisci) e non sulle pietre. Magari si cade da salti molto grossi o strutture enormi, ma di norma si cade sul liscio, ecco che quindi la dissipazione dell’urto si ha già grazie al terreno. Per questo motivo può aver senso trovare delle protezioni morbide che assorbano ancora quel goccio in più di urto, se ci danno sicurezza.
Anche qui l’argomento è vasto. Spesso ingrato nella pettorina o nello zaino esiste anche la possibilità di indossarlo come singola protezione, staccata dal resto. A mio avviso una delle protezioni fondamentali della bicicletta (insieme a casco, occhiali/mascherina e ginocchiere per gli usi più strong) a cui non rinuncio mai.
Inutili o quasi in ambiti discesistici i sistemi morbidi e leggeri che potrebbero trovare una spiegazione in ambiti più tranquilli del riding. La schiena non compie movimenti estremi e la mobilità permessa dai sistemi a placche mobili (tipo guscio di un crostaceo per intenderci) è ottima per quasi tutte le discipline della mtb. Ovviamente si suda di più con questo sistema rispetto a non averlo ma è uno scotto da pagare per una sicurezza in più in una zona fondamentale del nostro corpo, la spina dorsale.
XC: Nessuno usa protezioni per la schiena in ambito race, anzi spesso si vanno a posizionare oggetti più o meno duri e contundenti nelle tasche poste dietro la schiena sulle magliette da gara. Questo retaggio derivante dal mondo della strada poco si addice alla mtb dove la caduta è certamente da mettere in conto più che sul bitume. A mio avviso infatti questo tipo di gestione dei carichi è quantomai pericoloso. Un marsupio che tiene i nostri averi dietro al sedere e non all’altezza dei lombi sarebbe a questo punto da preferirsi di gran lunga. Per chi ha lo zaino (escursionismo non race) dico di fare molta attenzione al posizionamento degli oggetti al suo interno. Una pompa o un qualunque attrezzo se messo bene può offrire una protezione e dissipare l’urto, se messo in posizione sbagliata può fare il lavoro opposto. Pensiamo solo ad una classica pompetta di quelle mini. Se messa per lungo dissipa l’urto che eventualmente la colpisce. Se messa invece in modo tale da avere la punta o la coda che spinge sulla nostra schiena diventa un’arma anche in caso di caduta sul liscio. Allo stesso modo distribuire i pezzi in modo uniforme evita che si crei una sacca dura in basso che andrebbe a spezzarci i lombi in caso di caduta.
Dal mio punto di vista in un futuro breve, visto anche l’evolversi dei percorsi xc, vedremo sempre più maglie intime con protezioni morbide o sistemi per la schiena. Sarebbe auspicabile ci fossero sistemi di protezione che non fanno variare la comodità o la freschezza dei capi di vestiario. Inoltre sarebbe auspicabile che ci fosse una sensibilizzazione maggiore anche in ambito XC dove non c’è nemmeno interesse a cercare una protezione comoda per una cosa, la schiena, fondamentale quanto statica in questa disciplina.
Enduro: Qui un ottimo alleato è il nostro zaino, quasi sempre presente in enduro. Valgono le valutazioni fatte per la distribuzione degli attrezzi ecc. Inoltre visto i passaggi ostici valutare uno zaino con protezione interna o con struttura rigida non è da denigrare. Paraschiena isolati saranno invece necessari per chi non usa lo zaino. Esistono maglie intime con paraschiena integrato e mi paiono un’ottima soluzione per questo tipo di approccio. Anche i paraschiena con spalline e fascia in vita sono davvero comodi, ipotizzando per di più di tenere la fascia in vita slacciata durante la salita.
Gravity: Qui il paraschiena rigido è d’obbligo. Scegliete voi se con spalline e fascia in vita o attaccato alla pettorina o integrato in una maglietta intima. Ok anche lo zaino protettivo anche se sinceramente lo trovo un filo più mobile di un paraschiena indossato “a pelle”.
Freestyle: Qui è importante avere questa protezione in molti casi, vero è che per alcune manovre può dare fastidio (pensiamo solo a come si inarca la schiena in backflip). Sarà fondamentale valutare quindi di trovare un prodotto che si adatti perfettamente alla nostra schiena e una regolazione che ci permetta di non avere fastidi.
Letteralmente il significato è quello di “tutore per il collo”. Di fatto anche nell’ambito dei neck brace esistono i sistemi rigidi e i sistemi morbidi che vanno a impedire movimenti estremi del casco, quindi della nostra testa. Come è facile immaginare sono utili solo con caschi integrali, con gli altri caschi non svolgono la loro azione e sono solo di impedimento. I primi sono strutture che vanno a poggiarsi sul petto e sulla schiena e che, tramite un’ala al posteriore e una all’anteriore evitano un’escursione estrema del collo in avanti e indietro (causa della rottura di vertebre cervicali). Inoltre le alette sono studiate per flettere ed eventualmente rompersi per assorbire al meglio l’impatto. Anche l’inclinazione laterale è limitata da strisce di materiale sui bordi (che passano sopra le clavicole, si spera senza appoggiarvisi) per evitare danni anche in quel senso.
I supporti morbidi invece sono veri e propri collari che sembrano più un giogo per animali che una protezione. Sinceramente trovo che risultino più fastidiosi di quelli rigidi, più caldi, limitino di più il movimento e ovviamente sono mille volte più brutti. Dalla loro hanno un prezzo molto inferiore rispetto ai costosi collari in plastica (per non parlare di quelli in carbonio).
Fondamentale per quanto riguarda i collari rigidi è la taglia e il posizionamento. Molti utilizzano il collare sotto il paraschiena o al posto del paraschiena. Non è studiato per quello. L’ala posteriore che va a poggiarsi sulla spina dorsale o sulle spalle (dipende dal modello) va a scaricare proprio lì l’urto. Posizionarlo sotto al paraschiena significa distogliere il carico dalle vertebre cervicali per restituirlo quasi intero alla vertebre dove finisce l’appoggio. Insomma fare leva su una sola vertebra o sulla parte posteriore del costato. I neck brace vanno posizionati SOPRA il paraschiena (rigidi) in modo tale che la dissipazione dell’urto avvenga sulla plastica del paraschiena che a sua volta provvederà a distribuirlo a tutta la struttura del tronco e a tutti i muscoli dorsali, dissipandone inoltre buona parte con i sistemi di assorbimento del paraschiena stesso. Questo errore, comune a molti, non è solo pericoloso per la nostra salute, ma ci convince anche di essere più sicuri quando invece stiamo rischiando grosso.
Un’altra cosa da valutare al meglio è la misura del nostro neck brace perchè un neck brace piccolo non entrerà in sede al meglio e starà troppo alto, limitandoci i movimenti. Un neck brace troppo largo andrà in basso e graverà sulle clavicole oltre che su petto e schiena, per altro rischiando di spezzarci qualche osso (clavicola) facendoci leva in caso di caduta.
XC: a meno che non vogliate usare un casco integrale non ne vedo l’utilità.
Enduro: Spesso va ad incastrarsi negli zaini. É una protezione pesante e ingombrante e a tutti gli effetti non la usa quasi nessuno. Dall’altra parte per chi usa l’integrale non c’è motivo di non utilizzarlo, o meglio, non c’è motivo per il quale io ve lo debba sconsigliare. Senza fare inutili speculazioni vi invito comunque a riflettere sulla situazione del nostro amico Sandrone che proprio all’ultima gara di Super enduro ha avuto un problema che chissà, forse un neck brace avrebbe evitato. Ripeto non voglio speculare su quanto accaduto e vi invito a far sentire il vostro affetto per lui nel topic apposito e non in questo, inoltre di se e di ma è pieno il mondo.
Gravity: Un po’ per marketing un po’ per altro fino a qualche tempo fa in coppa lo usavano tutti. Certo è che è una protezione che durante la discesa non opprime tanto e non disturba nella giuda se la posizione in bici è corretta (se si sta troppo ingobbiti diventa fastidiosa sul ripido). Quindi anche qui vale il concetto del meglio averlo ce pentirsene.
Freestyle: Come al solito solo quando si utilizzano caschi integrali. Bizet ci ha fatto doppio backflip dimostrando che non è così fastidioso come potrebbero credere in molti. Di nuovo è un accessorio che va a limitare dei movimenti. Personalmente, non essendo abituato ad usarlo, sarei molto infastidito nell’averlo (almeno da un punto di vista mentale) se dovessi fare un backflip o un 360.
Il solito remainder. Le protezioni, qualunque esse siano, sono solo aiuti che abbiamo dall’esterno per ridurre i danni in caso di caduta o impatto con qualcosa. Una buona forma fisica, una lucidità mentale, ma soprattutto un bel po’ di sale in zucca (come dicevano le nonne); sono gli ingredienti veri per non farsi male.
Il mio collega Daniel aveva creato un articolo sulle protezioni da acquistare all’inizio di quest’anno. Lo trovate al seguente LINK, vi invito a leggerlo perché troverete spunti diversi dai miei e potrete valutare le idee di due rider con un background completamente diverso come siamo io e Daniel.
[url=http://fotoalbum.mtb-forum.it/viewphoto.php?id=377281][img]http://fotoalbum.mtb-forum.it/image.php?id=377281&s=576&uid=315[/img][/url]
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