In questo articolo (LINK) abbiamo capito le differenze di utilizzo tra flat e spd… ma come usare al meglio uno, e come l’altro? Questa settimana ci soffermeremo sui flat, la prossima sui pedali a sgancio rapido. Analizzeremo insieme come guidare al meglio con questo tipo di pedali e come enfatizzare le peculiarità e i vantaggi di un sistema rispetto all’altro.
Pedali flat.
Ne esistono di vari tipi e dimensioni. Iniziamo col dire che i pedali flat funzionali hanno una piattaforma larga, quasi quadrata con pin che escono da una base piatta. I pedali che si trovano sulle bici del mercatone, o su alcuni primi montaggi da xc non si possono considerare flat. Sono poco più che poggiapiedi che possono andare appena bene per un utilizzo cittadino. Stesso si dica per pedali con puntapiedi, fascette di vario tipo e altri sistemi vari ed eventuali per tenere fermo il piede al pedale. Sono tutti sistemi che possono avere una loro funzione in pista, in città o su strada, ma che in mtb è meglio abbandonare fin da subito. Abbiamo infatti detto che una delle peculiarità del pedale flat è la possibilità di togliere il piede al volo anche per i neofiti. Utilizzare una di quelle strutture rende più difficile il distaccamento dalla bici persino dell’utilizzo di un pedale a sgancio quindi non vi sono motivi per usarli.
Il pedale flat ha 3 importanti caratteristiche che dobbiamo sempre tenere presente quando lo andiamo a scegliere.
1° larghezza- un piede grande avrà bisogno di un pedale grande, largo. Al contrario un piede piccolo potrà utilizzare anche un pedale più piccolo. Inoltre anche i percorsi che si fanno possono influenzare fondamentalmente la scelta della larghezza di un pedale flat. Se andremo ad affrontare percorsi molto sconnessi e veloci potremo favorire un pedale più largo in modo che il piede, se anche perdesse aderenza in qualche sconnessione, avrebbe più base di appoggio per recuperarla. Abbiamo insomma una chance in più di non rimanere con un piede penzoloni o peggio con uno stinco dolorante (chi ha i flat sa di cosa parlo… per gli altri aspettate l’ingrediente segreto e capirete di cosa sto parlando.). Per i vertrider o chi ama percorsi molto tecnici e soprattutto molto stretti. Avere una larghezza minore significa rischiare meno di incagliarsi nelle pietre o in rami o altro.
2° n° e lunghezza pin- Il numero e la lunghezza dei pin normalmente determina il livello di grip offerto dal pedale. Un pedale con pin molto lunghi e in gran numero genererà una presa molto salda, al contrario un pedale con pochi pin o con pin arrotondati o corti darà una presa scarsa. Non è sempre vero che la presa salda è da preferirsi. In bmx o freestyle si utilizzano addirittura pedali in plastica con pin in plastica (pochissimo grip). Questo perchè in queste discipline non si ha la necessità di girare con il fango o le scarpe bagnate, non si ha nemmeno la necessità di avere eccessivo grip sui pedali poiché non vi sono zone sconnesse. Il pedale in plastica inoltre fa meno male quando arriva sui parastinchi o in qualche altra zona del corpo (si parla di pedali in plastica con pin in plastica, inutilizzabili comunque sui sentieri).
notare i piedi staccati dai pedali, ecco perchè in freestyle non si ricerca il massimo grip tra pedale e scarpa.
3° concave/non concave- Alcuni pedali presentano una depressione lungo l’asse. In questo modo la zona esterna rimane leggermente più alta e il piede, in teoria, si adagia in modo più naturale e facendo più presa all’interno del pedale. In realtà questa tecnologia chiamata appunto concave sta scomparendo. Le nuove scarpe apposite da mtb con suola rigida e tomaia adatta all’utilizzo in fuoristrada male si accoppiano a questo tipo di pedali. Meglio utilizzare pedali piatti senza pin nella zona centrale (come la maggior parte ad oggi) per poter gestire al meglio la posizione del piede mentre lo si posiziona.
Scarpa.
Una volta scelto il pedale che fa per noi dobbiamo andare a scegliere scarpe adatte. Da sempre scarpe tipo skate o comunque con suola piatta sono state l’accoppiata perfetta per i flat. Da qualche anno a questa parte alcune aziende hanno creato suole e scarpe apposite. Girando da tanti anni e avendo provato tanti materiali posso dirvi che la differenza c’è ed è percepibile. Non solo il grip è migliore ma la durata dello stesso è davvero diversa rispetto ad una normale scarpa. La suola “consumata” che vedete in foto è il risultato di più di un anno di riding. Con normali scarpe da skate di varie marche, forma e resistenza non sono mai riuscito a fare più di 2-3 mesi di riding senza che la suola si bucasse o che le voragini create dai pin rendessero il grip davvero inaccettabile.
Con questo tipo di usura la scarpa è ancora largamente utilizzabile…Con scarpe da skate mi è capitato di vedere invece situazioni davvero grottesche.
Inoltre le scarpe create appositamente per la discesa offrono una protezione superiore. Ovvio che chi vuole anche pedalare potrà andare a scegliere modelli con tomaia rigida per cercare di non perdere troppa efficacia. Sarà importante però considerare sempre la suola e la sua composizione, nonché il suo disegno. Il grip infatti è tanto importante in discesa quanto in salita. In questo frangente infatti avere la possibilità di spingere senza rischiare che i piedi (soprattutto il posteriore, scaricato dall’azione della spinta sull’anteriore) scivolino dalla loro sede.
Utilizzo.
Ora che abbiamo analizzato un momento le scelte dei materiali in base alle esigenze di ciascuno vediamo l’utilizzo corretto dei pedali flat. Per farlo partiamo dalla tabella dei pro e contro utilizzata nel topic sopracitato sulle differenze tra flat e spd.
Flat:
Pro.
Più facili da utilizzare anche da chi è agli inizi. Non bisogna imparare a sganciare, si toglie semplicemente il piede e via. Sono i pedali perfetti per imparare davvero ad andare in bici perchè obbligano la gamba e la caviglia a lavorare al meglio per mantenere il contatto in ogni situazione. Migliori in caso di fango o nel caso in cui si togliesse il piede per esempio per essere sicuri di non scivolare su una curva viscida. Normalmente sono pedali più economici degli spd di pari livello e risentono meno di guasti o rotture non avendo meccanismi esposti ad urti. Necessari nel freestyle. Maggior assorbimento degli urti da parte della suola della scarpa (contatto ferro-gomma). Possibilità di posizionare il piede anche se non nella posizione giusta in modo rapido e sicuro per avere un appoggio momentaneo, sarà poi importante però ritrovare la posizione corretta quantoprima.
Contro.
Minor resa in pedalata poiché vi è più difficoltà a tirare verso l’alto il pedale (lo si può fare ma solo in parte). Minor sensibilità perchè il contatto viene smorzato dalla gomma della suola e, a meno di non usare scarpe specifiche come le five ten impact o simili, dalla flessione della scarpa (stesso motivo per il quale c’è più assorbimento degli urti). Se è vero che sono più facili da usare in assoluto è anche vero che sui salti o nelle discese molto scassate si rischia di perdere il contatto se non si utilizzano nel modo giusto, e cioè posizionando il piede correttamente con la parte anteriore ad altezza perno.
Concentriamoci sui pro poiché abbiamo detto che in questi articoli andremo a cercare di enfatizzare al massimo proprio gli aspetti positivi di ogni sistema.
Abbiamo detto che i flat sono più facili da utilizzare poiché non bisogna imparare a sganciare il piede e, soprattutto in un primo momento, non danno blocchi psicologici derivanti dal rimanere attaccati alla bici durante una caduta.
La realtà è che quando il gioco si fa duro, e cioè nella guida sullo sconnesso o sui salti, avere il piede agganciato risulta una facilitazione. Con gli sganci se anche non si imprime il giusto carico al pedale questo non si divide dalla scarpa, non dovremo quindi preoccuparci di muovere al meglio le caviglie o di utilizzare le gambe come ammortizzatori tanto rimarremo sempre e comunque attaccati alla bici.
É proprio questa la difficoltà dei flat, rimanere attaccati alla bici in qualunque situazione. Questo però è anche il loro bello, il motivo per il quale consiglio sempre, durante i corsi, di utilizzare questo tipo di piattaforma. L’insegnamento che ci danno i flat è che non siamo noi a dover rimanere attaccati alla bici, ma è la bici a dover rimanere ancorata a noi. Sembra la stessa cosa ma non lo è.
Il fatto è che chi riesce ad usare i flat in modo corretto nella guida, utilizzerà anche gli sganci in modo corretto, non sempre invece è valido il contrario. Un caso lampante è quello del bunny hop. Chi lo sa fare in modo corretto con i pedali flat non avrà mai problemi di “perdita di pedali” in aria o sui salti. Se invece toglieste il bloccaggio ad un rider abituato ad utilizzare solo le tacchette, che durante l’ollie “tira” a se la bici con le gambe, ecco che subito si troverebbe con i piedi in aria e la ruota post ancora a terra.
Tecniche corrette.
Per prima cosa il posizionamento del piede sul pedale è fondamentale. Come già detto in altri articoli dovremo mettere la zona subito antecedente le dita dei piedi sul perno. In questo modo la presa sul pedale sarà salda e il lavoro della caviglia ottimale. Dobbiamo inoltre considerare anche di non mettere il piede troppo internamente rispetto al pedale stesso. Questo perchè potrebbe creare un’interferenza con la pedivella, strusciandoci tramite la suola della scarpa o peggio andando a sbattervi con il malleolo interno (molto doloroso). Una volta posizionato il piede al meglio dovremo iniziare a lavorare come si deve con il polpaccio. Il piede non sarà appoggiato mollemente sul pedale, ma creerà una opposizione. Il polpaccio sarà perciò sempre in tensione e lavorerà in automatico filtrando la maggior parte delle asperità, soprattutto quelle di lieve intensità. Con gli spd invece i piedi saranno sicuramente al punto giusto, ma potremo appoggiarci più mollemente sul pedale (andando ad abbassare i talloni) perdendo così la funzione del nostro polpaccio.
Questa tensione a livello della caviglia si tramuta in pressione sul pedale, condizione necessaria a non farlo scappare. Finchè c’è pressione infatti i pin faranno presa nella suola e non avremo problemi.
Per quanto riguarda i salti, e i problemi relativi di distacco dei piedi, la tecnica esatta deriva da quanto appena esposto. Questa tensione, questo precarico che imponiamo alla caviglia, si tramuta in una rotazione (flessione plantare) della stessa. Ecco che quindi la punta dei piedi andrà ad abbassarsi (in particolare il posteriore per una questione di posizionamento, la gamba infatti arriva al pedale con un angolo più rilassato rispetto a quella anteriore che arriverà in verticale o quasi). In questo modo, essendoci una asimmetria nell’inclinazione dei pedali, nonché una forza (di gravità) obliqua rispetto all’angolo di entrata dei pin nella suola, avremo un sistema che non lascerà andare la presa così facilmente. Anzi non lascerà la presa proprio per niente.
É ovvio che qui i materiali fanno davvero la differenza. É chiaro che una suola con delle voragini create dai pin non darà una gran sicurezza, i pin saranno infatti liberi di muoversi in queste asole da loro create. É anche vero però che una buona tecnica ci permetterà di sopperire ad alcune mancanze, ad esempio dei pin rotti dopo un impatto, oppure la presenza di fango o neve…. tutti fattori che abbassano il grip tra scarpa e pedale.
Ingrediente segreto. Parastinchi!!!
Chi inizia ad utilizzare i flat DEVE usare i parastinchi anche per andare a fare la spesa. É normale che i pedali all’inizio scappino… normalmente l’anteriore perché meno caricato (altrimenti non scapperebbero). Il risultato è che le pedivelle girano indietro mosse da tutto il peso del vostro corpo e il pedale vi colpisce la tibia. Con il parastinco sentiremo una botta forte. Senza vedremo la carne aperta dai pin e il sangue che esce a fiumi (un po’ di terrorismo psicologico in favore delle protezioni non fa mai male!!)
Ricordo ancora la presenza di posti ai Corsi RCM di questa estate e state sintonizzati per succulente novità… altre date e qualche modifica… ma a breve saprete tutto!!
ola
Jack
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