Negli ultimi 10 anni in Italia 2556 ciclisti hanno lasciato la vita sulla strada vittime di incidenti. Terzo paese in Europa per mortalità su biciclette.*
Queste statistiche vanno chiaramente interpretate, dato che la maggioranza di questi decessi sono avvenuti in centri urbani e non certo tutti rientravano nella categoria “ciclistica” che accomuna gli utenti di questo forum. Pero’.
Pero’ ci danno un buon indicatore da seguire: quello della ricerca della sicurezza. chiaramente questi consigli sono più indicati per chi va su strada piuttosto che per l’off-road, ma molti sono i bikers che devono comunque fare pezzi asfaltati o scelgono di uscire anche su strade aperte al traffico per evitare fango e sentieri impraticabili al cross-country ad esempio.
Probabilmente, se non certamente, il grosso degli interventi sono da indirizzare verso chi gli incidenti mortali li provoca, ovvero le automobili, ma non è l’intenzione qui quella di aprire una diatriba su questi temi. L’intenzione è fare un po’ il punto della situazione su quello che il popolo dei ciclisti puo’ attivamente fare per quanto lo riguarda in tema di sicurezza, in particolare per quanto riguarda la visibilità su strada.
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I primissimi giorni di autunno ci mettono come ogni di fronte al fatto che le giornate sono più corte, e questo per tanti amatori che lavorano con orari d’ufficio si traduce in ore di rulli o uscite con scarsa luce. Senza contare la luminosità più bassa anche durante certi giorni uggiosi per chi non è fortunato geograficamente come chi sta più a sud, e senza contare ancora di più fenomeni molto poco simpatici per i ciclisti come la nebbia.
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Uscire in queste condizioni porta con se il rischio di non essere visti dagli automobilisti con tutte le conseguenze del caso. Il rimedio sembra scontato: lucine, catarinfrangenti e colori accesi. L’effetto lo è meno pero’ e visto il prezzo da pagare in gioco per eventuali scelte sbagliate merita un approfondimento.
Secondo vari studi un ruolo chiave nel farsi vedere sulla strada e quindi avere più possibilità di essere evitati dipende molto dalle aspettative dell’automobilista. Ovvero la visibilità del ciclista (o dei pedoni, per chi corre col buio ad es.)puo’ essere incrementata semplicemente se l’automobilista si aspetta di vedere o riconosce subito il ciclista.
Riassumendo vari studi in parole il più semplici possibili, gli automobilisti (che a volte siamo pure noi) guidano secondo due modalità:
-comportamento automatizzato
-comportamento cosciente
Il primo è il tipo di guida che si assume quando si compiono dei gesti o si fanno dei percorsi che si fanno abitualmente e che non ci costringono ad essere attenti a cio’ che si fa. Puo’ essere il tragitto casa-ufficio che si fa mille volte, o un lungo tragitto su una statale che fa essere “assenti” mentalmente e pensare ai fatti propri ad esempio. Ovvero il tipo di situazioni in cui la ripetitività del gesto fa abbassare la soglia dell’attenzione ad un livello più basso rispetto a situazioni che ci costringono ad essere più vigili.
Ecco, questo tipo di situazioni sono le più pericolose per i ciclisti, perché i riflessi dell’automobilista sono meno immediati e la sua reazione alla guida più lenta.
Ed è in queste situazioni che trovarsi all’improvviso un ciclista da superare o da evitare in condizioni di scarsa visibilità puo’ ritardare tanto una reazione dell’automobilista da essere fatale (per il ciclista ovviamente).
Ecco perché il ciclista, in condizioni di scarsa visibilità, DEVE rendersi il più visibile possibile. Ed ancora di più in situazioni in cui le aspettative di trovare un ciclista per strada sono più basse, ad esempio all’imbrunire o sotto un acquazzone, quando l’automobilista da per scontato, in modo quasi automatico, che non ci siano ciclisti per strada.
Per estremizzare: chi di noi, al volante non si stupirebbe di trovarsi sulla strada un ciclista alle 3 di notte? Molti, infatti ogni anno un po’ di randonneurs in giro per il mondo ne pagano le conseguenze a caro prezzo.
Ecco che quindi, in certe condizioni, non solo è fondamentale essere ben visibili, ma esserlo anche a grande distanza (la più grande possibile) ed essere riconoscibili.
Riassumendo, i 3 fattori chiave per la sicurezza in condizioni di scarsa visibilità sono:
-rendersi visibili
-rendersi visibili alla più grande distanza
-rendersi riconoscibili
L’ultimo punto merita una spiegazione: secondo alcuni studi, in condizioni di scarsa visibilità è fondamentale mettere l’automobilista nella condizione di comportamento cosciente facendoci riconoscere come pedoni o ciclisti.
Cosa non scontata. Dato che la combinazione di scarsa visibilità, bassa soglia attentiva (dovuta all’orario ad es.) ed alta velocità (anche solo relativamente a quella del ciclista, non per forza fuori il consentito) puo’ ingannare l’automobilista facendogli credere che lo sfortunato pedalatore sia qualcosa d’altro, o comunque qualcosa di immobile, quando in realtà non lo é.
Sempre secondo alcuni studi, questo puo’ essere molto pericoloso, perché l’improvviso rendersi conto che il ciclista non è un arredo urbano ad esempio puo’ far compiere all’automobilista manovre improvvise che possono far perdere il controllo del veicolo.
Ed in particolare in condizioni in cui il ciclista era dotato di illuminazione.
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Questo puo’ stupire, ma l’essere dotati di lucine, soprattutto al posteriore, puo’ ingannare l’automobilista in certe condizioni, facendogli credere che la lucina sia fissa, come un catarinfragente su un guard-rail o cose del genere.
Ecco che diviene fondamentale predisporre le luci e gli eventuali catarinfrangenti in modo da rendere ben evidente che quello che l’automobilista andrà a superare o incrociare sarà proprio un ciclista o un pedone e non altro.
Quindi è consigliabile ad esempio non piazzare solo una lucina magari troppo in basso sulla bici, ma piazzarla in combinazione coi catarinfrangenti in modo da delineare ed evidenziare la sagoma umana. In particolare evidenziando la figura del ciclista in senso longitudinale, ovvero “per lungo”.
Altra cosa molto importante è mettere in evidenza “parti in movimento”, come mettere delle fasce riflettenti sulle caviglie o perlomeno sul torso, e non solo su parti “immobili” come bici e testa.
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Altra cosa molto importante secondo altri studi è il non dotarsi di fasci luminosi per rendersi visibili, come faretti puntati al posteriore. Questo perché cio’ porta facilmente ad interpretare erroneamente da parte degli automobilisti questi stimoli luminosi, confondendoli.
Per concludere quindi alcuni consigli pratici:
-non lesinare nel rendersi visibili in ogni modo in condizioni di scarsa visibilità, in particolare se si esce all’imbrunire o in altri orari “strani” (molto presto il mattino). Meglio spendere un po’ di più in luci e rendersi “ridicolo” con gli amici al bar che farsi stirare da un auto.
-sul mercato esistono miriadi di accessori per ogni tasca e condizione di utilizzo. Dai gilet obbligatori in auto alle “bretelle” Sam Browne per quando fa più caldo fino a gilet specifici ed omologati. Una ricerca ed i soldi in questo settore non saranno buttati. Meglio che affidarsi solo a qualche inserto riflettente appiccicato qua e la su pantaloncini e giacche pensando sia sufficiente.
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-piazzare luci sulla bici, ma anche sul corpo o sul casco potendo. O combinare le luci con toppe o fasce riflettenti che indichino la forma del corpo per far capire per tempo all’automobilista cosa sta incontrando.
-utilizzare colori che l’automobilista puo’ associare a qualcosa che lo metta in stato vigile: Rosso e arancione su tutto. Meglio la combinazione dei due colori.
E per finire: tenere un comportamento “corretto” e restare vigili e non entrare in modalità “automatica” anche noi.
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Bibiliografia:
-Barton, Joseph E., James A. Misener, and Theodore E. Cohn (2002). “Computational Vision
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Transportation Research Record 1801, National Research Council, Washington, DC, pp. 73-79
-Blomberg, R.D. and A. Hale (1986). “Experimental Evaluation of Alternative Conspicuity-
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-Kwan, Irene and James Mapstone (2004). “Visibility Aids for Pedestrians and Cyclists: A
Systematic Review of Randomised Controlled Trials,” Accident Analysis and Prevention, Vol.
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-Owens, D. Alfred, Robyn J. Antonoff, and Ellie L. Francis (1994). “Biological Motion and
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-Shinar, David (1984). “Actual versus Estimated Nighttime Pedestrian Visibility,” Ergonomics,
Vol. 27, pp. 863-871
–http://epdfiles.engr.wisc.edu/pdf_web_files/tic/handbooks/FlaggersHandbook.pdf