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Sotto le ruote della mia mountain bike sono passati sentieri nepalesi, sudamericani, alpini, canadesi. Ma quello che ho percorso oggi forse li batte tutti. Porta il nome di un piatto messicano, The Whole Enchilada. In questo caso il piatto é una linea di sentieri lunga circa 45 km messi insieme dai biker di Moab. Parte da quota 3300 metri e arriva fino al Colorado River, a quota 1200, passando da ambienti alpini (e 14°) a quelli desertici (42°) nel giro di poche ore.
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Moab giace a quota 1200 metri e già alle 8 di mattina la temperatura consiglia di fare tutt’altro che mettersi in sella a farsi cuocere il cervello. La soluzione: usare uno shuttle per arrivare a quota 3000 senza sforzi, dove la temperatura e l’ambiente ricordano molto le Alpi. Ancora meglio se nello shuttle si incontrano i ragazzi di SRAM che stanno testando l’XX1, Greg Herbold compreso. Il biondo americano vive a Moab e conosce tutti i sentieri, ovviamente.
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Gli ultimi 300 metri di dislivello devono essere guadagnati con le proprie forze, su un sentiero pedalabile ma con un’aria rarefatta a cui non siamo abituati. Per fortuna che fa fresco quissù, così nel giro di mezz’ora siamo in cima e facciamo qualche metro con l’XX1 (report seguirà fra una decina di giorni).
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Subito dietro il passo inizia il sentiero segnalato da una tavola di legno. Non ho foto della prima parte, dato che era così bello che non sono riuscito a fermarmi. O forse é scattata subito la gara fra i rider, quindi me ne sono guardato bene dall’arrivare ultimo per una foto. Vi posso però dire che il sentiero era fluido, con fondo morbido e con alcune curve veramente goduriose.
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Arriviamo presso un laghetto, il gruppo si ricompone e dopo una breve salita (su sentiero anche quella) parte una libidine inimitabile: un trail con pendenza minima, che si snoda fra i cespugli con paraboliche e piccoli drop, si trasforma per noi in una specie di pumptrack naturale dalle velocità improbabili. Ed é qui che abbiamo i due primi voli della giornata. Chris di SRAM e Tobi si spalmano per terra, provando i nuovi freni gomitali.
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Anche di questo sentiero non ho foto, se non l’uscita quando ci stavamo aspettando.
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Di quello che viene dopo, invece, ho diverse immagini, dato che si tratta del mitico Porcupine Trail. Il flow che abbiamo avuto sopra scompare e si scende su rocce, roccette e roccione. Vedo come va il local Herbold e capisco che qui la velocità é tutto per non farsi fermare dai vari gradoni in salita (e in discesa). Pieno di fiducia seguo la sua linea e mi trovo davanti diverse volte dei drop che la Jekyll subisce senza lamentarsi troppo. Il panorama diventa desertico, o forse dovrei dire spaziale.
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La temperatura sale, qualcuno buca e a me cade la catena fra telaio e corona piccola. Per fortuna che ci sono due ingegneri SRAM che mi aiutano a toglierla. I loro XX1, con una corona anteriore da 32 denti e la cassetta 10-42, permette loro di fare tutto senza nessun problema meccanico e di pedalare anche le rampe ripide senza problemi. Invidia!
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Il sentiero sembra andare avanti all’infinito. In certi punti i passaggi fra le rocce sono veramente stretti e in due casi picchio il retrotreno su di esse, in piena curva. Jolly!
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Arriviamo sopra il Colorado River, con alcuni passaggi esposti fatti però a tuono da tutti. Io ho ormai un sorriso ebete da circa 2 ore, che diventa ancora più ebete quando cominciamo a scendere verso il fiume.
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Il sentiero finisce esattamente sulle sponde del fiume. Ci attendono 7 km lungo il canyon per tornare a Moab. Dopo 52 km siamo di nuovo in albergo. E il mio sorriso non se ne vuole andare….
Qui trovate la traccia del giro (non é facile trovare il sentiero, altrimenti), quando torno a casa metto giù l’itinerario vero e proprio.